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3 Italia su terminazione mobile e refarming delle frequenze

24 maggio 2008 - 3 Italia esprime un giudizio completamente negativo sullo schema di delibera adottato dall’Authority in materia di terminazione mobile.
Tale provvedimento è iniquo perché anticipa la discesa della terminazione di 3 rispetto agli altri operatori, senza considerare i maggiori investimenti sostenuti da un’azienda nuova entrante e che non dispone di frequenze GSM.
Ciò realizza una grave discriminazione rispetto a quanto applicato agli altri operatori dopo lo stesso periodo di tempo: in particolare la recente delibera 628/07/CONS aveva previsto espressamente che l'ulteriore discesa della terminazione di 3 Italia avvenisse nell'ambito della nuova analisi di mercato, quindi contestualmente a quella degli altri operatori, attualmente prevista per luglio 2009.
Inoltre vengono modificati dall’Authority i parametri quantitativi definiti in precedenza ed entrati in vigore solo 3 mesi fa, senza che alcun nuovo elemento sia nella disponibilità dell'AGCOM e senza che la stessa abbia avuto accesso – come previsto dalla stessa delibera 628/07/CONS citata - alle risultanze della contabilità regolatoria relativa ai dati del bilancio di 3 Italia del 2007, anno in cui l'azienda si è trovata ad affrontare una congiuntura ancora più critica dell’anno precedente, per ragioni del tutto esogene e legate all’inasprimento del quadro competitivo.
Le decisioni adottate dall’Authority comportano inevitabilmente la sospensione immediata dei piani di investimento per la riduzione del Digital Divide nel Mezzogiorno e nelle zone non raggiunte dalla banda larga e pongono seriamente a rischio il mantenimento dei livelli occupazionali dell’azienda.
Queste stesse decisioni, ove confermate come definitive, costituirebbero un danno irrimediabile per il mantenimento di un adeguato livello competitivo nel mercato italiano, mettendo a repentaglio il ruolo propulsivo che 3 Italia ha svolto dall’inizio e creando le premesse per la realizzazione di un duopolio di fatto nelle tlc mobili.
Anche l’annunciata delibera in materia di frequenze trova la ferma opposizione di 3 Italia per due ordini di motivi.
In primo luogo, non è possibile mettere a gara le frequenze UMTS già assegnate a IPSE a condizioni diverse da quelle applicate nella gara del 2000 (incluso evidentemente il pagamento di 826 milioni di euro per 5 MHz.) all’interno del periodo di godimento delle frequenze (20 anni) che quel pagamento garantiva a 3 Italia.
In secondo luogo, dopo l'entrata in vigore del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, ogni assegnazione di frequenze può essere fatta solo per asta o “beauty contest”. Non si capisce, pertanto, il fondamento giuridico dell'assegnazione di frequenze a 900 MHz agli altri operatori, né quello della utilizzabilità delle frequenze stesse per il servizio UMTS. Questa decisione viola palesemente il principio di parità di trattamento, discriminando 3 Italia.
La modifica della destinazione d'uso delle frequenze (cd. refarming) avrebbe infatti dovuto aver luogo dando uguali opportunità a tutti gli operatori radiomobili e non considerando la precedente assegnazione come un titolo preferenziale di assegnazione.
Va infine sottolineata la contraddittorietà di un provvedimento che sotto la vigenza del Codice delle Comunicazioni Elettroniche prevede per alcune frequenze l’attribuzione a seguito di gara (2100 MHz) e per altre una sorta di “eredità“ per i precedenti assegnatari (900 MHz), senza massimizzare l’introito per lo Stato con le procedure espressamente previste dal Codice.
Nell’esprimere il proprio aperto dissenso rispetto ad un provvedimento che manca dell’autonomia non solo possibile, ma anche necessaria rispetto alle sollecitazioni del Commissario Reding, l’Amministratore Delegato di 3 Italia, Vincenzo Novari, rivolge un appello personale al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, affinché intervengano per scongiurare gli effetti devastanti di questi provvedimenti. Tra gli altri, quello di favorire gli operatori dominanti in modo da mortificare lo spazio competitivo, vanificando uno dei più importanti investimenti diretti esteri mai realizzati in Italia e i benefici che ne sono scaturiti in termini di occupazione, innovazione e convenienza per i consumatori, oltre a creare un deterrente agli investimenti esteri futuri.

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